martedì 2 luglio 2019

LA PORTA

C'era una volta


La porta era gigantesca e quando mio padre, dopo aver liberato il chiavistello la apriva, era uno spettacolo; le sei ante, incernieriate fra loro tre a tre, si muovevano a scatti cigolando. Danzavano, traballavano, si impuntavano, ripartivano, intanto i cardini fumavano ruggine e si lamentavano. Chi avesse assistito alla scena per la prima volta, di sicuro si sarebbe spaventato; anche io avevo un po’ di paura e, ogni volta, guardavo a bocca aperta, aspettando col fiato sospeso la fine della manovra, ma se per caso c’era qualcuno, sorridevo, mostrando una sicurezza che in realtà non avevo. Alla fine, quando le assi di legno, dopo aver barcollato abbondantemente, erano spalancate, mio padre, con precisione millimetrica, infilava la corriera in garage in retro marcia. A quel punto si ripeteva, in senso contrario, l’incerto balletto delle ante che, solo dopo qualche energica spinta, si richiudevano fino a sfiorare il radiatore e potevo tirare un sospiro di sollievo guardando il babbo che si asciugava il sudore dalla fronte.
Adesso non c’è più quell’edificio e non c’è neanche la porta, del resto manca pure chi era capace di domarla.

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