mercoledì 30 ottobre 2019

30 OTTOBRE 2016

Anche i vasi di fiori

Tre anni

Anche i vasi di fiori ci chiedono di non dimenticare le scosse di tre anni fa, e le relative conseguenze, subite dalle popolazioni colpite dal sisma.


Finestre chiuse


lunedì 28 ottobre 2019

VANITÀ

Lo ammetto
SONO VANITOSO
Ma la vanità è proprio un grande difetto?


Blaise Pascal: la vanità è radicata nel cuore dell'Uomo.


La targa che mi è stata consegnata

Durante la Cerimonia di premiazione relativa al Concorso "PAGINE MARCHIGIANE", che si è svolta il 20 ottobre a Falconara Marittima, insieme al Diploma di merito per aver ottenuto il 2° piazzamento, mi è stato assegnato questo importante (per me) riconoscimento. sinceramente non so se e quanto sia meritato, ma, non avendo io né chiesto e né cercato nulla, sono fiducioso che, chi me lo ha conferito, lo abbia fatto in buona fede e a ragion vedùta.

Considerando che i lettori di questo Blog non sono molto numerosi, anzi, sono piuttosto scarsi, direi che la mia vanità si possa considerare un peccato piuttosto lieve, meno che veniale; almeno credo.



Forse, più che vanità vera e propria, è solo un pizzico d'orgoglio, comunque tendo ad assolvermi, anche questo, se in dosi non eccessive, è un peccatuccio veniale e il leggero rimorso di coscienza, è ampiamente sovrastato dalla grandissima soddisfazione.





Eppoi, un po' di sano narcisismo non guasta.


venerdì 25 ottobre 2019

PARAOCCHI

È una gran comodità 



Significato 
Reale: coppia di schermi di cuoio fissati alla briglia a lato di ciascun occhio del cavallo, allo scopo di non farlo imbizzarrire o adombrare.
Figurato: simbolo o motivo di mancanza di interesse o di dogmatica o conformistica cecità.

"non mettete i paraocchi al vostro intelletto"

Reale o figurato, il paraocchi, indubbiamente è comodissimo e molto utile, quasi indispensabile. Lava la coscienza e alleggerisce l'anima; permette di andare dritti per la propria strada senza tentennamenti e paure. C'è un piccolo problema però, chi ha i paraocchi, di solito, ha anche le briglie, che lo guidano, lo fanno partire e fermare a comando e magari, lo fanno nitrire quando serve. Ma anche questa, in fondo, può essere considerata una comodità.

AMIANTO

Quanto ce n'è ancora in giro?
Basta osservare intorno a noi, con sguardo un po' meno distratto,  per accorgerci che di amianto, in giro, ce n'è ancora tanto, troppo.
Innocuo?

Fibre di amianto
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Eternit
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Lavori al Dorico di Ancona
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giovedì 24 ottobre 2019

UN BUON ESEMPIO

Plastica addio
-Comune di Borgo San Lorenzo-

oK!Mugello
L’Acqua del Sindaco”, il progetto voluto da Publiacqua e sostenuto dal Comune di Borgo San Lorenzo, è arrivato nelle scuole borghigiane: consegnate 1500 borracce agli alunni della scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado e della Scuola Paritaria Suore Stimmatine. Si tratta di un primo significativo impegno per educare le nuove generazioni alla riduzione dell’uso delle bottiglie in plastica.

UN ESEMPIO DA SEGUIRE

martedì 22 ottobre 2019

USCITA DAL PORTO DI ANCONA

In alto mare

Per quando sarà pronta, servirà ancora?
Il Sindaco Mancinelli

Da quanti anni aspettiamo!
L'uscita "scomoda" dal Porto

sabato 19 ottobre 2019

martedì 15 ottobre 2019

FRANCO ALBONETTI

Origini aguglianesi


Franco Albonetti
Franco Albonetti è nato ad Agugliano (precisamente a Borgo Ruffini) nel 1905 ed è morto ad Ancona nel 1987. Visse soprattutto ad Ancona. È stato poeta apprezzato nel territorio regionale. Fu inserito nella prima antologia di Poeti marchigiani, curata dal grande Carlo Antognini. Ha fondato, diretto e guidato per anni il Premio VOCI NOSTRE e la sua antologia  (Centro Studi Storici di Agugliano e Castel d'Emilio).


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Agugliano
Torna al paesaggio di sabbia e di vigne
itinerario di borgate sparse
e d'un magro paese addormentato
tutto intriso di spazio e solitudine.





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La grande Storia è fatta da piccole storie

FRANCO ALBONETTI - Per molti aguglianesi, mé compreso, è semi sconosciuto. Grazie alla professionalità e alla cortesia dello scrittore e giornalista Aldo Giovannini, di cui riporto quasi integralmente l'articolo apparso su "ok!Mugello", ho trovato notizie di questo libro di Franco Albonetti, pubblicato nel 1958, in cui compare anche un elenco delle sue Opere fino a quel momento.

"S’è accesa una luce a Borgo San Lorenzo"
Terremoto del Mugello del 29 giugno 1919, di cui quest’anno ricorre il 100 ° Anniversario, il ricordo di Mario Guidotti – l’unica vittima di Borgo San Lorenzo (ci furono molti feriti), di quel disastroso evento che caratterizzò la cittadina mugellana.
Le ferite della Grande Guerra erano ancora aperte, sopraggiunse anche la “febbre spagnola”, la disoccupazione dilagava, gli scontri violenti fra massimalisti socialisti e i primi fascisti erano all’ordine del giorno, si respirava un acceso anticlericalismo e a farne le spese erano sovente i cattolici popolari, quindi con la fame e la miseria che sono sempre state cattive consigliere. In questo clima di scontro e di profonde divisioni, con il povero (ma grande prete) don Canuto Cipriani che cercava disperatamente di riappacificare gli animi, anche il terremoto venne a sconquassare ulteriormente la già difficile e precaria situazione nel nostro Mugello.
In una delle tante povere abitazioni l’11 settembre 1905 da Abramo Guidotti onesto ciabattino e da Caterina Spignoli, cestaia, nacque infatti Mario, figlio primogenito. Aveva quindi 14 anni quando il 29 giugno del 1919 l’onda sismica, che ebbe epicentro fra i monti di Villore, colpì anche l’abitato di Borgo San Lorenzo.
Quel giorno era in soffitta a studiare (aveva come maestro l’ancora ricordato Edoardo Storai, uno dei fondatori dell’A. S. Fortis Juventus 1909), e lo spezzone di una trave gli lesionò un polmone; sembrava una cosa da poco, ma con il passare del tempo le sue condizioni si aggravarono e il giovane Mario iniziò il suo calvario.
E qui venne fuori in seno a questo ragazzino una personalità esaltante, affascinante. Pativa dolori lancinanti ma non lo faceva notare, dal suo letto di dolore parlava e giocava con i fratelli di cui tre - Nello, Guido e Margherita – diverranno nel tempo religiosi missionari. Leggeva il Vangello, la Bibbia, parlava sempre di Gesù dicendo che lui aveva molto patito sulla Croce e nella sua mamma vedeva la figura della Madonna non cessando mai di esortare tutti a stare in pace (anche in casa Guidotti c’erano divisioni ideologiche), di pregare, di seguire i dettami dei comandamenti.
L’unica cosa di cui sentiva nostalgia era la Palestra Ginnastica Sportiva Fortis Juventus. Mario infatti era stato uno dei primi giovani atleti, e pieno di vitalità andava tutte le sere con gli amici a far sport. Passarono tre anni di sofferenze dopo i quali avvenne la sua morte, il 19 maggio 1922 (predisse alla mamma Caterina che un suo fratellino, Luigi, sarebbe morto dopo un mese esatto dalla sua scomparsa. E fu proprio così. Incredibile!!).

La vita di Mario Guidotti fu impressa in un libro dallo scrittore Franco Albonetti ( “ - S’è accesa una luce a Borgo San Lorenzo -“ Tipografia Artigianelli, Fermo, 1958), il quale degente in uno ospedale di Fermo per una grave malattia conobbe la sorella di Mario Guidotti, Suor Margherita, venendo a conoscenza della vita del fratellino scomparso quasi 40 anni prima delle “grazie” che tanti avevano ricevuto in suo ricordo.
Lo scrittore si affidò al Servo di Dio Mario Guidotti del Borgo San Lorenzo e guarì. Fu proprio in quella circostanza che Albonetti, una volta guarito e dimesso dall’ospedale decise di scrivere un libro. Ecco la semplice storia di questo ragazzino borghigiano morto per i postumi di una ferita causata dal terremoto del 1919, morto dicevamo in odore di santità, come si dice in gergo, e se Borgo San Lorenzo che cammina veloce nel Terzo Millennio non ricorda più questo suo generoso figlio è veramente emozionante leggere la storia di questo ragazzino in un libro stampato 60 anni orsono a tanti chilometri di distanza dal Mugello e dopo 97 anni precisi dalla sua scomparsa.
Ogni tanto, quando nel silenzio del cimitero comunale andiamo a rendere omaggio con una preghiera ad alcuni nostri cari ci soffermiamo davanti al loculo dove Mario Guidotti riposa nel mezzo al babbo Abramo e alla mamma Caterina, e dal 1997 anche al fratello don Nello Guidotti; quei valori che Mario insegnò ogni tanto tornano alla luce, come in questo semplice scritto, che non ha pretese intellettuali o filosofiche, ne tantomeno nostalgiche, ma serve per meglio comprendere il messaggio che lasciò tanti anni orsono questo giovanissimo ragazzo borghigiano, una delle tante vittime del tremendo terremoto del 29 giugno 1919.
Ma in quel periodo un piccolo faro di bontà, di fede, di autentica cristianità vissuta nei suoi sedici anni si accese in una vecchia strada borghigiana, l’antica via di Sieve (attuale via Brocchi).
(Foto e archivio A. Giovannini)


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Selezione di Opere di Franco Albonetti

  • L'Eroica felicità
  • Dacci oggi il nostro riquadro
  • Il poeta degli "Attesi"
  • La bottega dei sogni
  • Già presàga di stelle era la sera
  • Un bulino e tre stelle
  • I rossi fiammati
  • Voci nostre
  • Lentamente in noi
  • Umanità delle ombre
  • Tempo d'eternità
  • Ancona e la sua "Loggia"
  • Adesso preludio del sempre: capitoli su Giorgio Umani
  • Gli ex libris di Bruno da Osimo
  • Isola nel tempo
  • I mesi
  • Uomini incontro all'orizzonte

lunedì 14 ottobre 2019

ALFONSO GATTO

Poesia
Alfonso Gatto
Alfonso Gatto è nato  a Salerno il 17 luglio del 1909. La sua infanzia e la sua adolescenza sono state piuttosto travagliate. Fratello del pittore Alessandro Gatto, ha compiuto i primi studi al liceo classico Torquato Tasso della sua città natale, mostrandosi portato per le materie letterarie, in particolare l'italiano, e poco incline alla matematica. Al liceo ha scoperto la propria passione per la poesia e la letteratura. È morto a Orbetello, per le conseguenze di un incidente stradale, l'8 marzo 1976. Il Poeta è sepolto nel cimitero di Salerno. Sulla sua tomba, che ha un macigno per lastrone, è inciso il commiato funebre dell'amico Eugenio Montale:


«Ad Alfonso Gatto
per cui vita e poesie
furono un'unica testimonianza
d'amore»



Io vedo i grandi alberi della sera 
che innalzano i cieli dei boulevards,
le carrozze di Roma che alle tombe
dell' Appia antica portano la luna. 
Tutto di noi gran tempo ebbe la morte.

Pure, lunga la via fu alla sera
di sguardi ad ogni casa, e oltre il cielo
alle luci sorgenti ai campanili
ai nomi azzurri delle insegne, il cuore
mai più risponderà? 

Oh, tra i rami grondanti di case e cielo
il cielo dei boulevards
cielo chiaro di rondini! 

O sera umana di noi raccolti
uomini stanchi uomini buoni,
il nostro dolce parlare
nel mondo senza paura. 

Tornerà tornerà,
d' un balzo il cuore
desto
avrà parole?
Chiamerà le cose, le luci, i vivi? 

I morti, i vinti, chi li desterà?

domenica 13 ottobre 2019

L'INFINITO

L'Infinito
compie 200 anni
ma è eterno
Giacomo Leopardi

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

La voce di Vittorio Gasman


Il manoscritto

Il Colle dell'Infinito


ALBERTO MONTI

Prima che tutto si perda

Alberto Monti

Un uomo innamorato delle bellezze artistiche, paesaggistiche, naturali e storiche dei nostri territori.


Foto di Alberto Monti
Castel d'Emilio visto da Alberto Monti.

LA GUERRA SUL LAVORO

17.000 decessi dal 2009
Giornata per le Vittime del lavoro
Sarebbe bello che non ci fosse più bisogno di una giornata come questa.

Il Capo dello Stato, nel suo messaggio inviato all'Associazione nazionale lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, sollecita "le istituzioni e la comunità" a "reagire con determinazione e responsabilità" per prevenire tragedie che "continuano a essere quasi quotidiane". 

Torniamo a chiederci perché aumentano i morti sul lavoro in un Paese che fonda la propria democrazia sul lavoro, non sulla morte del lavoratore ...                                                      Bruno Giordano

sabato 12 ottobre 2019

12 OTTOBRE

1492
TERRA!
Non so se questa ricorrenza sia effettivamente da festeggiare, ma da ricordare, senza dubbio, sì.

Cristoforo Colombo, da ammirare per il suo coraggio e la sua costanza, ha "trovato" l'America, pur cercando le Indie, certo che come navigatore ...

GENOVA
AMERICA

venerdì 11 ottobre 2019

FABIO MARIA SERPILLI

Un signor Poeta

Fabio Maria Serpilli, nato ad Ancona nel 1949, studia Filosofia a Roma. Nel 1987 esce la raccolta di poesie in dialetto Castelfretto nostro, con prefazione di Valerio Volpini che definisce Serpilli (su «Famiglia Cristiana», ott. 1994) “L’erede di Franco Scataglini”. Uno dei volumi più fortunati e originali è considerato I luoghi dell’anima (peQuod 2002). Del 1999 è la silloge Mal’Anconia (Humana editrice). 
Dal 1996 dirige il laboratorio di scrittura poetica in Ancona e Falconara M.ma. Dal 2011 al 2016 è stato Docente di Scrittura Creativa presso Accademia di Belle Arti di Urbino. Tra libri di poesie in italiano e dialetto, curatele di antologie, ha pubblicato decine di volumi.
Nel 2010 esce il Dizionario dialettale aguglianese.
Dal 1996 cura l’antologia LA POESIA ONESTA, che raccoglie le sillogi in lingua e dialetto di autori italiani. Dal 2005 cura le antologie di poeti dialettali marchigiani del
Festival del Dialetto di Varano (AN), giunto alla 42ª edizione. Nel 2005 è il volume “Poeti e Scrittori dialettali” (Ed. QuattroVenti di Urbino) in coabitazione con
Fabio Ciceroni e Giuseppe Polimeni, docente di Storia della lingua italiana all’Università di Milano. 
Nel 2018 pubblica assieme al Prof. Jacopo Curi (Macerata) l’Antologia POETI NEODIALETTALI MARCHIGIANI (per la collana de I QUADERNI del CONSIGLIO REGIONALE delle MARCHE)

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Cucàle (gabbiano)

Vivémo fra dô blu
de aqua e d’aria
e su sta tera stamo
come su na nave
o ‘n arioplano
Cucàle
in mezo al celo
cun dô lale (ali)

E slalo alto
fin’al sol lucóre
sopro de ogni
silenzio e rimore
Sempre più ‘n zu
d’un sagrilegio
movendo l’ale
movendo el celo


Angonia (agonia d’Ancona)

Sota ‘n celo tramonto
mal’anconia conoscio (malinconia e male di Ancona)
un bel balo de vele
int’un intorno roscio
Sopr’al sacro Còtano (Sasso, Colle Guasco)
incendia bianco el Dòmo
el Porto giù a baso
abisa pog’a pogo
Cità de l’angonia
quanto meno t’aspeti
alza tut’i canpanili
viè’ su cun tut’i teti


Dì’-nun-dì’ (Dire non dire)

Quanta pace c’è ntel tuto
quanta ancó ntel gnente
In quanti fòi cercavo
de méte sti dô verzi
a incastro propio
indove ce diceva
Chisà si ho fato bè
a nun li scancelà?

Si è fadiga a dì
nun dì è più fadiga
Quando
imparo el silenzio


Fà disfà (fare disfare)

Tante le volte ’n’ora è ferma
e tanta ferma che pare
fra pogo trema
l’esata confusió

E te cum’arimedi
al sbrego mundiale
si le parole nun fa
che fadisfà le trame?

Te cun qûi diti rompe! (Tu con quelle dita rompi)
Te séguita a cuge!


Fantàsimi

Io stanote salto qua e là,
a spizigando i verzi più beli,
i fili dei capéli tui,
el ride de l’aqua che cure
nun so’ indó ma cure
dal tempo dei tempi
su ‘n fil che cuge
tute le luntananze
come el mato de cità
che ndava dindo in giro: (andava dicendo)
“Io nun mòro io nun vivo”

Sémo fantàsimi


Parole

E tuto viè per caso,
e viè che nun te acorgi, no’ (… noi)
damo solo la boca al spirto
che sta ntel gran silenzio
e ogni tanto crina l’aria (incrina)
come la dòna e Dio…
A te te pare d’esse invece no
è loro che te pìa!

Le poesie sono tratte dalla raccolta Mal’Anconia, pubblicata nel 1999 da Humana Editrice.


Preghiera

Tante le volte int’un mumento statigo
me digo:«Te chi sei l’anima mia?»
Ch’el scrive me diventa più afanatigo
si rósiga el cervelo la poesia.
Alora vojo dire in senso làtigo:
sapessi come pô la fantasia
tuffasse drento al celo più ‘crobatigo
fenire in pozo de malincunia!
De sera quando el celo è soto tiro
vurìa tuto ma tuto fuge via
che si ce penzo m’amanca el respiro.
Ma basta un strigulì de l’armunia
per dì che ridovunque el sguardo giro
in mezo io te vedo e cuscì sia!
(Da “Castalfretto nostro” 1989)


L’eco

Avevi la terra sotto casa e la finestra sul grano
a maggio un arlecchino con toppe di papaveri.
Quanti anni fa le mucche baritone
trainavano da un punto all’altro i campi
e gli animali gridavano?
Potrei rifare un cielo tenue d’acquerello
filo su filo i capelli al pagliaio ma ora
al filo di spine il rosmarino è violastro
e il sole in ruggine alle due. Alle tre
il vento fa tutto il giro del muro ed esce
dall’arco. E tu attendi la tromba dei tuoni
che sbrecchi il gran vaso dei cieli…
Non accade che vecchia moina di nubi. Poco.
È poco se il nuovo è gran neve
o tempi di arpeggi sempre identici… E se
E se andassimo noi due soli come intatti
nella mano e nella voce come due miracoli
nell’eco che ripete che questo
è l’eterno – eterno – non altro
dislocato tra i rumori – rumori?
Mi manca appunto lo slancio…
(Da “Mistero in cartapesta” 1993)


…………………………….

“E fu sera e poi mattina”
alle antiche parole
obbedisce il giorno.
Dal prato i fiori a grappoli
alzano inni al colore.
I grandi spezzano
il nome in briciole
i bimbi dietro la palla
lei sempre dove vuole
a uno, due rimbalzi
la Trinità balla.
(Da “Ad aperto silenzio”. 1998)


Indove (Dove)


Indove è ‘ndati i nùvuli
che ieri cumulàvene
e i campanili indó
senza più cielo?
Te, siepe de testa,
ragaza de le cùpole,
te sei purtata via
tuta la cità.
Te eri la cità
de sopraciji e rondini
movenze soto tégule
Adè cornachie strìdule
pe j archi e le scalete
a capofiti vìgoli.
(Da “Canto a cinque voci”. 1999)


Turno

Quando non ci sarò più io
a guardare l’orizzonte
continua tu e quando
non ci sarai più tu
dillo a un altro. Nessuno
lasci solo il mondo
dove cala il sipario
e riapre un altro giorno
quel pino curvo… come lui
nessuno ha cercato la luce
ha fatto tremare il tempo
con tutte le radici.
(Da “… e dello Spirito”. 2000)


La creazió oramai…

El cielo ancora sta
sopra de noi
e pure el sole.
La tera ancora sta
soto noialtri
che la pistamo
che la ciacàmo
e l’omo e le bestie
e le piante e
quelo che c’è
è stato un sbajo
la creazió.
E adè gnente da fà
la creazió oramai
è diventata eternità!
(Da “I luoghi dell’anima”. 2002)


Se…

Si ‘splode l’atomo nte l’aria
e fumiga i crateri
sui monti sporgenti
‘rorate coeli’
Si na gocia esiste
tuto el mare imenso
basta na scintila
a ‘cende l’universo.
(Da “Esino, immagini e parole”. 2005)


Sgocciolìi

La morte sempre a portata d’occhi
basterebbe all’immortalità
Le parole si iscoriano come le bocce
strada facendo polvere
è nei versi a singhiozzi
il frastuono del cuore
tutti rubano parole
ma solo quelle
Batte in precise rime
l’impreciso respiro
Sei tu che avvìi la scrittura
poi ti soverchia
Se tutto scorre, pure tu scorri
Eraclito…
A salvare il mondo
è una bugia
La morte felice amnesia
La gran risata dove tutti
gli elementi corrispondono.
“ControVerso (a) Massimo” in “Giovani poeti leggono”. 2007